Anarchia, spiritualità e pensiero olistico

di William Mussini

Gli ultimi baluardi di resistenza al postmodernismo da De André a Dugin.

Cosa vuol dire essere libertari oggi? Cosa è cambiato del pensiero anarchico e libertario nell’odierna epoca della demo-nazi-crazia neoliberista? Probabilmente poco o nulla. Sembrerebbe, infatti, che il libertarismo rappresenti oggi, unitamente alla spiritualità ed al pensiero olistico, uno degli ultimi baluardi di resistenza critica alla dilagante omologazione delle idee, dei comportamenti, delle consuetudinarie azioni eversive di matrice elitaria, omologazione accettata dai popoli come fosse dispensatrice di imprescindibili comandamenti.

Di fronte alle minacce vere o presunte, come quella di una pandemia virale, o di una crisi energetica e climatica, o terrorismo internazionale o magari una guerra a pochi passi dalla frontiera, il cittadino del mondo globalizzato si affida alle autorità politiche, scientifiche e militari, come fanno i bambini intimoriti dall’uomo nero, cattivo e minaccioso, evocato a più riprese dai loro stessi genitori per ammonire e intimidire i più irrequieti o disobbedienti.

Le molteplici crisi ed emergenze degli anni postmoderni si sono avvicendate con ritmi sempre più serrati, sino a non lasciare più spazi temporali abbastanza lunghi da consentire una rinascita psichica ed etica dell’umanità sempre più tecno-dipendente. La progressiva e ben studiata assuefazione delle masse al materialismo tecnologico e consumistico – promulgata dai mercati, da gruppi bancari in combutta con politici ed affaristi tecnocrati, “dolcemente” imposta dai modelli estetici della società debordiana – ha consentito la concimazione dei territori umani per l’attecchimento di erbacce ricattatorie come il debito, il bisogno indotto al quale è sempre più difficile rinunciare, il vuoto esistenziale da colmare con merci superflue ed il corrosivo benessere materialista.

Secondo il moderno modello neoliberista – quello ormai identificabile con il carrozzone nazi-capitalistico che persegue il controllo delle masse come solo un apparato burocratico stalinista può fare – non è più la felicità dell’individuo l’obbiettivo del progetto umano e del progresso planetario, bensì l’espansione del capitale, la ricerca del profitto, la competizione secondo il modello evoluzionistico, la vanità e l’egotismo; queste sono le    chimere da perseguire, cavalcare e raggiungere a tutti i costi.

Essere libertari oggi significa opporre resistenza a questa deriva disumanizzante del divide et impera, cioè rifiutare di appartenere ad un modello riconosciuto e non essere conformisti. Vuol dire, anche e soprattutto, essere amanti della natura umana primigenia, di quella che vorrebbe l’essere umano sovrano di sé stesso, non più succube della paura, non più conforme al prototipo classista suggerito da etichette mediatiche, da brands, esperti di marketing e influencers, né sottomesso ad una qualsivoglia forma autoritaria di potere che sia esso politico, economico o religioso.

Essere anarchici, secondo il cantautore Fabrizio De André, fondamentalmente, voleva significare anche essere tolleranti. Faber diceva di sé: “Direi d’essere un libertario, una persona estremamente tollerante. Spero perciò d’essere considerato degno di poter appartenere ad un consesso civile perché, a mio avviso, la tolleranza è il primo sintomo della civiltà, deriva dal libertarismo. Se poi anarchico l’hanno fatto diventare un termine negativo, addirittura orrendo… anarchico vuol dire senza governo, anarche, con questo alfa privativo, fottutissimo, vuol dire semplicemente che uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l’ha in sé stesso), le sue stesse capacità. Mi pare così vada intesa la vera democrazia. […] Ritengo che l’anarchismo sia un perfezionamento della democrazia. Tutti gli anarchici seri la pensano così. Sono quelli che non sono anarchici che invece la fanno pensare diversamente”.

Libertario è anche colui il quale sa perfettamente che un’alternativa al modello attuale è esistita e sarebbe ancora realizzabile. Attraverso una ipotetica rivoluzione del pensiero e ad un risveglio utopico delle coscienze su scala planetaria, potrebbe riaffacciarsi l’idea di mondo condivisa nei secoli da generazioni di uomini liberi, sempre poco ascoltati dai contemporanei e puntualmente messi a tacere dai signori ai posti di comando. Un mondo che si svilupperebbe in linea orizzontale, nel quale, l’autodeterminazione dell’individuo basterebbe a renderlo sovrano di sé stesso e, contemporaneamente, essere umano vivente ed agente in una collettività eterogenea, nel pieno rispetto del diritto naturale che garantirebbe ad ognuno le stesse libertà e le medesime responsabilità.

Accadrebbe così che una parola come legge andrebbe sostituita con la parola fiducia, e le parole competizione con collaborazione, profitto con equità, denaro con riconoscenza, parità e diversità con famiglia umana.

A suggerirci una via di fuga, una alternativa alla società distopica e tecnocratica voluta dai padroni di natiche comodamente insaccate nelle poltrone in edifici piramidali, interviene Aleksandr Gel’evič Dugin, da molti definito come il «filosofo più pericoloso del mondo». Il politologo russo presenta in dieci lezioni l’esteso progetto culturale che chiama Noomachìa e che consiglio a tutti di leggere senza pregiudizio.

Egli sostiene, nelle pagine d’apertura dell’opera enciclopedica che “Noi ci raffrontiamo alla realtà per il tramite di una interpretazione paradigmatica di essa. Oggi questo paradigma è dettato dal Logos materialista e progressista proprio della Modernità occidentale-centrica, ma non è sempre stato così e non è detto che debba continuare ad esserlo. Noomachìa viene in nostro soccorso mostrandoci l’esistenza di un altro modo di interpretare e di plasmare la realtà, oltre e contro il paradigma modernista dominante e oggi sfociato in quella sua caricatura ipertrofica che prende il nome di Postmodernità”.

Il filosofo russo ripercorre la storia ontologica della civiltà europea, scagliandosi contro derive antiscientifiche come la tecnocrazia e la sfrenata corsa al consumismo dell’era moderna e postmoderna.

Noomachia è la corrente filosofica che si fonda sulla Noologia, un neologismo derivante da due termini greci: νοῦς (“nous”) e λόγος (“logos”). Logos indica la parola, il discorso o l’indagine, ed è prerogativa unica dell’essere umano. Secondo la visione di Dugin, il logos offre la possibilità all’ “animale” uomo, di intraprendere un percorso esistenziale unico poiché in grado di sviluppare diversi tipi di pensiero.

Con ciò, il filosofo ribadisce che la realtà attuale osservata dall’uomo contemporaneo in maniera paradigmatica, può essere modificata, migliorata e reiventata secondo modelli di pensiero altruistico e benevolo.

Va da sé ipotizzare che tutta la storia umana conosciuta non è una conseguenza di un agire umano ineluttabile ma piuttosto un susseguirsi di eventi e di reazioni agli eventi che hanno portato l’uomo in direzioni non sempre sagge e mature, e in contrasto al diritto naturale. Le pulsioni più basse dell’animo umano spesso hanno traghettato l’umanità verso false chimere e autodistruzione.

La sete di ricchezza, la brama di potere, la cupidigia, e l’egoismo, sono solo alcune delle spinte deleterie che hanno pilotato l’uomo ad accettare l’attuale paradigma del reale. La società materialista odierna è la risultanza di millenni di lotta fra spirito e materia. Le scelte egoistiche, come, ad esempio, quelle che hanno determinato lo sviluppo della prima rivoluzione industriale, hanno visto vincere la competizione chi proponeva fonti energetiche come il carbone o come gli idrocarburi a discapito di chi già individuava nell’energia solare, eolica e geotermica, alternative sicuramente più ecologiche e decisamente meno impattanti. I grandi capitalisti del XIX secolo, i banchieri e finanziatori di ingegneri geniali ed inventori di nuove tecnologie rivoluzionarie, non rinunciarono a concepire il loro profitto come il valore assoluto da raggiungere in seguito agli investimenti.

Il cervello umano, per secoli ha generato un pensiero avvalendosi quasi esclusivamente del suo emisfero sinistro, quello cioè che risponde a stimoli meccanicistici, razionali, di calcolo e fondamentalmente utilitaristici. La riscoperta del nostro lato dimenticato, l’emisfero destro, appare oggi doverosa ed essenziale per la rinascita di una umanità non più succube del materialismo e dell’egotismo autodistruttivo, bensì aperta a nuovi paradigmi, a nuove e più eque, giuste e solidali visioni della realtà. Non tutti hanno colto il cambiamento, ma proprio in questi giorni, dopo anni di stravolgimenti epocali, una esigua ma importante parte dell’umanità sembrerebbe aver raggiunto un livello di consapevolezza come mai prima si era verificato. Questo, osserva anche il filosofo russo, è il primo segnale per il cambiamento che potrebbe portare l’umanità verso la realizzazione di una sovranità individuale che realizzi la maturità esistenziale libera da condizionamenti e manipolazioni.

Superare le differenze e gli impulsi atavici, attraverso, quindi, un approccio olistico e spirituale all’esistenza: potrebbe essere questa la via da percorrere per il raggiungimento di un nuovo livello evolutivo umano dove regni l’equanimità, il rispetto e la concordia.

William Mussini76 Posts

Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.

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