La “voce” del Molise

di Francesco D’Episcopo

Ci sono paesi e posti nel Molise, dove si può fare assolutamente a meno dell’orologio. Uno di questi è Guardialfiera, paese di mia madre, dove mio nonno notaio, piuttosto che all’orologio che portava rigorosamente nel taschino, preferiva rivolgersi alla meridiana, che sorgeva nel palazzo di fronte alla sua magione.

Oggi, che ho ereditato, attraverso mia madre, una panoramica porzione della sua grande casa, posso confermare, per avere personalmente vissuto questa esperienza, che, ancora una volta, in questo paese, di cui sono cittadino onorario, si può tranquillamente fare a meno dell’orologio, sostituito, con estrema puntualità, dall’orologio del campanile del paese, che scandisce non solo le ore e mezz’ore, ma anche i quarti d’ora, per tutto il giorno e tutta la notte. E la domenica, alle 6,45 si assiste a uno scampanio festoso, che dura quasi un quarto d’ora, come fosse mezzogiorno.

Ebbi, una volta, a confidare al parroco del paese, amico familiare, recentemente scomparso, questa caratteristica del paese, probabilmente comune ad altri paesi del Molise, regione di campane per la storica presenza della fabbrica e fonderia Marinelli di Agnone, e notai nel volto dell’amico sacerdote una strana meraviglia per la mia, ritenne, inopportuna osservazione. Da quel giorno non osai più ripetere quella, per me, normale notazione se non a qualche amico compaesano, che mostrò la stessa, identica sorpresa del parroco.

Mi convinsi allora che aveva perfettamente ragione Francesco Jovine, nato a Guardialfiera, a Piedicastello, a pochi metri dalla chiesa madre, che si onora del privilegio, con San Pietro, della Porta Santa, quando annotava, nel suo Viaggio nel Molise, passando per Agnone, l’affezione per quelle campane, che fanno risuonare la “voce” del Molise nel mondo.

E bisogna ringraziare Vittorio Feltri, con il quale ho forse condiviso qualche gioco, che mi costò anche un sanguinoso incidente provocato da una motocicletta nella piazza del paese, quando, come me, veniva a trascorrere, da ragazzo, le serene estati molisane, per aver contribuito a ridare, con il suo personale contributo economico, una campana disastrata e una nuova campana al paese, dove i suoi parenti bergamaschi erano capaci amministratori dei Baranello.

Grazie, Vittorio, per la tua generosità, che sconfessa, come ben sapevo, la tua apparente, anche se sempre intelligente, scontrosa socievolezza. Quando ci sentimmo per telefono, grazie alla preziosa mediazione di Vincenzo Di Sabato, mi facesti nordicamente notare che qualche anno in più, da parte tua (mi dispiace dirlo, ma è così), ci separava, ma mi piace, comunque, pensare che abbiamo condiviso gli stessi posti, la stessa compagnia, lo stesso paese, al quale hai concretamente dimostrato di essere ancora legato.

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