Un fronte democratico per Gravina?

di Paolo Di Lella

A ridosso del voto avevamo detto quattro cose su tutte: che queste erano le elezioni più tristi da venti anni a questa parte; che la partita sarebbe stata aperta; che il centrodestra avrebbe vinto al primo turno e perso al ballottaggio e, infine, che quel poco di entusiasmo residuo girava attorno ai 5 Stelle.

Al netto del pronostico sul ballottaggio – per il quale facciamo i dovuti scongiuri – direi che ci abbiamo preso. Il centrodestra, con la sua armata Brancaleone composta da ben 5 liste e 159 candidati, ha staccato gli avversari conquistando per primo il secondo turno, mentre centrosinistra e 5 stelle se la sono giocata fino all’ultimo.

Il dubbio era su cosa avrebbe prevalso tra il goffo tentativo del centrosinistra di inseguire la destra sul suo terreno della mobilitazione clientelare, e quel poco di contenuto politico che i 5 stelle hanno saputo mettere in campo a livello locale.

La buona notizia, una volta tanto, è stata la vittoria di questi ultimi. E pensare che non era affatto scontata. La coalizione guidata dal sindaco uscente non era riuscita a mettere in piedi un battaglione come quello a sostegno della D’Alessandro (ma più per disorganizzazione e incapacità che altro), ma comunque si presentava con tre liste e 77 candidati, più del doppio di quelli presentati dal Movimento con la sua unica lista.

C’è da dire che attorno al corpaccione del centrosinistra cominciavano a radunarsi gli avvoltoi, in attesa che la preda esalasse l’ultimo respiro. Il fatto stesso che ben 11 componenti della maggioranza uscente – di cui tre addirittura avevano fatto parte della Giunta – si fossero trasferiti con armi e bagagli sotto la fronda leghista era un segnale da non sottovalutare e la diceva lunga sul fatto che la nave del centrosinistra stava imbarcando acqua da ogni lato. E comunque, c’è da dire anche che l’amministrazione degli ultimi 5 anni è stata una delle peggiori di sempre, esito dei machiavellismi spregiudicati portati avanti dal PD sul piano regionale e cittadino, nonché di scelte altrettanto scellerate sui profili da inserire nei ruoli chiave. Metteteci pure che hanno intitolato la loro campagna elettorale “continuità è futuro” e capirete bene il perché hanno perso…

In questo senso, certi discorsi che si sentono fare in giro, soprattutto tra i liberal-chic, sul fatto che Battista sia una “brava persona”, lasciano il tempo che trovano. Quello di mettere sempre tutto sul piano sentimentale è un modo di fare un po’ fuorviante. Come abbiamo già scritto un po’ di tempo fa, criticando l’atteggiamento della lista Io amo campobasso, ci vuole meno sentimentalismo e più pessimismo della ragione per analizzare la realtà.

Il M5S, da parte sua, invece, un po’ di discontinuità sotto questo profilo l’ha sempre dimostrata. I 4 consiglieri eletti nel 2014 hanno preso il loro mandato sul serio: hanno studiato, hanno denunciato, hanno fatto proposte, insomma sono sempre stati sul pezzo. Poi si sono trovati sistematicamente isolati in fin dei conti, ma perlomeno hanno dimostrato coesione, determinatezza e coerenza. Anche la fluidità con la quale sono arrivati alla scelta del proprio candidato sindaco è significativa di una diversità profonda rispetto alla canea che si determina nei poli tradizionali ogni volta che c’è da assegnare un ruolo apicale. Infine, lo stile (che in questo caso non è una categoria estetica, bensì politica): alzi la mano chi può affermare sinceramente di aver ricevuto una richiesta di voto da parte di un esponente pentastellato. Alzi la mano chi ha notato un manifesto del M5S in uno spazio dedicato alle altre liste. Alzi la mano chi ha visto un solo veicolo pubblicitario parcheggiato casualmente nelle ore di punta nei posti più trafficati della città (come hanno fatto i sostenitori della D’Alessandro). Alzi la mano chi ha ricevuto messaggi con il fac-simile del voto durante il giorno del silenzio elettorale (come ha fatto sempre la candidata leghista).

Non è roba da poco. La forma è sostanza.

Una possibile obiezione, comunque, potrebbe essere quella che tira in causa il livello nazionale, dove il Movimento è al governo insieme alla Lega. Imperdonabile, non c’è che dire. E del resto, se proprio vogliamo parlare di ciò che rappresenta il M5S a livello nazionale, ci tengo a sottolineare che chi scrive è un fiero avversario della creatura di Grillo e Casaleggio, a cui non ha mai risparmiato critiche, per il modo verticale di concepire la rete, per il verticismo e aziendalismo di fondo (di cui la democrazia digitale è solo una foglia di fico), per le posizioni troppo fluttuanti, se non destrorse talvolta, riguardo a temi fondamentali come l’immigrazione, la rappresentanza sindacale, l’informazione pubblica. Resta il fatto che tutto questo, ora, con queste elezioni amministrative, non c’entra nulla.

E poi, dall’altra parte c’è la destra a trazione leghista. È inutile ripetere quanto abbiano giocato sporco per arrivare al ballottaggio. Basti dire che questa destra incarna perfettamente lo spirito nichilista post-moderno. Totale assenza di idealità, solo ambizione sfrenata a livello personale. E non mi riferisco semplicemente ad un Pascale che da una parte annuncia la “fine della pacchia” e dall’altra fa profitti sull’accoglienza, oppure a un Colagiovanni perno della passata Giunta e ora prìncipe delle preferenze nel centrodestra, e neppure a un Tramontano i cui continui cambi di casacca non sono passati inosservati neanche ai media nazionali. Ciò che colpisce ancora di più, scorrendo le liste di centrodestra, è la totale irriconducibilità della stragrande maggioranza dei suoi candidati consiglieri ad una esperienza politica qualsiasi.

Di fronte a questo scenario non sono pochi gli elettori di Battista che invocano un accordo tra i 5 stelle e il centrosinistra, una specie di fronte democratico antileghista. Gravina, da parte sua, sa benissimo che non servirà fare accordi fra quattro mura. In fondo, tra lui e i tanti elettori in buona fede del centrosinistra (includendo anche quelli di Io amo Campobasso) la distanza non è poi così ampia.

Paolo Di Lella100 Posts

Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014

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