Richiamato per la Guerra

di Francesco Montano

Siamo con Vittorio Pizzuto che ci racconterà in breve la storia della sua esperienza. È nato a Monacilioni l’11 giugno 1916. Ascoltiamo la sua storia.

Il servizio di leva l’ho fatto a Teramo in Abruzzo come militare, poi quando è iniziata la guerra sono stato richiamato. Mi hanno mandato a Foggia, lì c’era il campo di aviazione, era il secondo campo di aviazione italiano per la grandezza; là poi c’era la ferrovia che veniva dalla Sicilia e quindi la guerra si è sentita di più. Ricordo qualche ufficiale, il mio capitano si chiamava Tata era di Casacalenda (lo stesso di Michelangelo Pasquale. Ndr), il sergente maggiore si chiamava La Sorsa era di Larino (CB) alle prime riunioni domandava chi fosse barbiere io alzai la mano, però i capelli non li sapevo fare, poi chiese chi fosse autista e io alzai la mano e lui disse: «tutto tu sai fare!» e io risposi: «sergente maggiore se voi domandate io devo dare una risposta, questa è la patente» e allora mi mandò al garage e là sono diventato capo garage; si usciva solo con le macchine, si trattava soltanto di registrare i chilometri che faceva la macchina, il consumo di benzina, dovevi tenere registrato tutto per il carico e scarico.

Mi sono congedato con il grado di caporale maggiore. L’otto settembre 1943 stavano pure i tedeschi insieme a noi a Foggia, volevano prendere il comando di tutto perché c’era stato l’armistizio (fu un accordo siglato segretamente il 3 settembre del 1943, nella contrada Santa Teresa Longarini di Siracusa, distante 3 km dal borgo di Cassibile, località dalla quale l’armistizio prese il nome. Costituì l’atto con il quale il Regno d’Italia cessò le ostilità verso gli Alleati durante la seconda guerra mondiale e l’inizio di fatto della resistenza italiana contro il nazifascismo. Poiché tale atto stabiliva la sua entrata in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, esso è comunemente datato all’8 settembre, data in cui, alle 18:30 italiane, fu reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri da parte del generale Dwight Eisenhower e, poco più di un’ora dopo, alle 19:42, confermato dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell’EIAR. Ndr) incondizionato invece poi venne l’America e scatenò la guerra.

I tedeschi presero il sopravvento sugli italiani! Nella ritirata facevano saltare i ponti per cercare di frenare l’avanzata degli Alleati, chi era sfortunato lo portavano in Germania e l’infornavano pure, ci sono state tante di quelle cose che non si possono raccontare. Con i tedeschi stavamo insieme, anche loro se ne volevano andare, ma non avevano come fare; dove stavamo bombardavano gli americani perché dovevano mandar via i tedeschi dato che era il secondo campo di aviazione più grande d’Italia, Foggia era un centro importante, era sotto la mira dei bombardamenti.

Sono stato pure a Salice Salentino (comune italiano della provincia di Lecce, situato nella zona centrale del Salento, al confine con le province di Brindisi e Taranto. Ndr) dovevamo partire per andare in Albania e ci portarono a Otranto provincia di Lecce, lì siamo stati un bel po’ di tempo, avevamo un colonnello che non aveva fatto l’istruzione di guerra e perciò non si partiva, il porto veniva bombardato molto perché c’erano i militari.

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A Salice Salentino c’erano dei militari con cui ero stato insieme a Teramo e la maggior parte si chiamava ‘Crocifisso’ (Il patrimonio onomastico italiano è il frutto della sedimentazione di tradizioni differenti, che riflettono le complesse vicende storico-politiche del territorio. Ogni epoca ha ridefinito il proprio orizzonte culturale, operando una selezione tra i diversi elementi a disposizione e variandone i rapporti interni, senza tuttavia procedere alla eliminazione dei modelli alternativi. 
L’esame delle tipologie onomastiche prevalenti in una determinata epoca consente di risalire alle coordinate culturali della società di riferimento. Si tratta tuttavia di un’operazione delicata e complessa considerando che l’attribuzione di un nome a una specifica categoria non è mai un assoluto. Le tipologie tendono perciò ad identificare la tradizione onomastica prevalente in un particolare momento storico; per definirle è necessario pesare opportunamente le possibili motivazioni delle scelte, rinunciando a valorizzare l’elemento soggettivo e individuale, nell’ottica di pervenire a risultati generalizzabili. Ndr), proprio come io mi chiamo Vittorio.

Mi ricordo che quando siamo arrivati il capitano Tata parlò con il podestà che teneva uno stabilimento vinicolo lì per cercare un posto adatto dove stare, ma il podestà disse che nel suo possedimento non potevamo stazionare perché i bombardamenti avrebbero potuto rovinare lo stabilimento e disse che dovevamo andare fuori dal paese, così ci siamo sistemati da una parte. Al garage avevamo in dotazione dei sacchi di telo e visto che avevamo bisogno di lavarci abbiamo pensato di chiedere a una signora che abitava vicino, ho chiesto a questa signora se ci dava il secchio per prendere un po’ di acqua e lei ci fece entrare e ci offrì un bicchiere di miele, così diceva, era il vino.

Dissi che ancora non mangiavamo niente e che era troppo presto, lei replicò che ci dovevamo fare un bicchiere di vino altrimenti non ci avrebbe dato l’acqua. Là il vino era pesante, vino e tabacco ce n’erano quanto ne volevi, altra roba no; allora riempii il bicchiere e vidi di fronte a me una cristalliera che conteneva una fotografia in cui io e un ragazzo (il figlio della signora) ci abbracciavamo.

Il figlio lo avevano mandato in Russia e la signora non sapeva niente, allora dissi alla signora: «ma voi siete la mamma di Crocifisso?», lei rispose: «Sì! Voi lo conoscete?» al che io le dissi: «vedete sto vicino a vostro figlio», «voi siete Pizzuto?» disse la mamma, «Sì, ma di lui non ho saputo più niente» risposi io. Con i tedeschi eravamo abbinati al campo di aviazione, quando si avvicinava la guerra a loro arrivava il pane dalla Germania, un pane lungo e nero; io andavo sempre in giro con un soldato italiano che sapeva bene il tedesco, loro (i tedeschi) volevano scappare e noi pure.

Avevo una motocicletta, una Guzzi, con quella sono scappato, vicino Lucera (FG) dopo Foggia ho trovato una pattuglia tedesca, ma ho riconosciuto il maresciallo a cui davo le sigarette, si prese la motocicletta, aveva imparato un po’ d’italiano e mi disse: «Vittorio la motocicletta la dobbiamo prendere, tu stai vicino! Io non lo so», significava che io ero quasi arrivato a casa (Lucera Monacilioni sono circa 64 km. Ndr) e avrei trovato la famiglia lui non sapeva se tornava a casa e se trovava qualcuno. Sulla stessa la strada trovai un signore mi chiese dove dovevo andare, risposi che dovevo andare a Campobasso, disse di mettermi sopra al camion che mi avrebbe accompagnato.

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Per la campagna c’erano gli sfollati, ad un certo punto il camion si fermò e l’autista mi disse di fermarmi da quelle parti per la notte, io dissi che volevo continuare a piedi ma lui insisteva, allora entrai e trovai un sacco di persone di Lucera, soprattutto erano sfollati dal paese e stavano dentro quella grande abitazione. Una signora, la padrona di casa, mi chiese dove dovevo andare e io le dissi che dovevo andare a Campobasso e allora lei disse che domani mattina mi avrebbe fatto accompagnare e mi disse che per dormire avrei potuto adagiarmi sulla sedia come loro perché non ci stavano letti, io le chiesi di dove fosse, lei mi disse che era di Lucera.

Io dissi che avevo un brutto ricordo di Lucera e lei mi chiese che cosa mi fosse successo, allora le raccontai che il 15 d’agosto (di qualche anno prima) dovevo portare i fuochi d’artificio da Campobasso ero stanco e mi ero sistemato da una parte, avevo camminato tutta la notte, mi salvò un certo Serpe Antonio; infatti lui mi disse: «giovanotto qua fra un’ora viene il sole metti dall’altra parte che stai bene fino a mezzogiorno», io presi la tenda e me la portai dove mi aveva consigliato, ad un certo punto scoppiarono i fuochi, se fossi rimasto dove stavo all’inizio sarei morto; la signora mi disse che quel signore era suo marito e aggiunse che era morto.

Mi accompagnarono fino a Montecorvino (Pietramontecorvino, situato a nord-ovest di Lucera. Fa parte del circuito I Borghi più belli d’Italia ed è Bandiera arancione del Touring Club Italiano. Ndr) e da là sono andato a piedi. Il difficile era uscire da Foggia, chi poteva rientrare a casa se ne andava tanto è vero che l’ufficiale mi disse: «Pizzuto ci devi fare un favore», io risposi subito: «signor tenente io devo fare il favore a voi? Voi dovete solo comandarmi», mi disse che gli serviva una macchina, il giorno dopo hanno preso la macchina e disse che li dovevo accompagnare a San Severo (FG) perché la ferrovia Foggia San Severo era interrotta, mi disse anche che dovevo scappare che me ne dovevo andare a casa perché sarebbe stato difficile che i tedeschi mi facevano tornare.

Non ho avuto troppi problemi, sono potuto tornare a piedi da Foggia, addirittura in una campagna vicino Macchia Valfortore (comune italiano in provincia di Campobasso, in Molise. L’agro di Macchia Valfortore è situato sulle rive del Lago di Occhito, uno dei bacini artificiali più grandi d’Europa, è totalmente immerso nelle colline molisane e segna il confine geografico tra il Molise e la Puglia. Ndr) non potevo passare e un signore, un agricoltore, mi aiutò e mi fece passare e poi mi chiese di dove fossi e io dissi di Monacilioni, mi disse di portarmi pure l’asino e di legarlo vicino casa (eravamo in campagna e sarei dovuto passare per il paese) così ho fatto. Sono stato uno dei primi a rientrare al paese. Fa sempre bene ricordare delle cose che erano state tanto pericolose e ricordare che uno è scampato alla morte.

Vittorio Pizzuto oggi
Vittorio Pizzuto oggi

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Nato a Campobasso nel 1984, laurea in Antropologia Culturale alla Sapienza. Collaboratore dal 2015. Ricerche a Lima, Roma e Campobasso. Pubblicazione relativa alla ricerca a Roma per la prevenzione e lo studio dei fenomeni di aggressività e bullismo: “la visione dei mondi nell’infanzia: rappresentazioni sociali bambine correlate alla costruzione della salute”; dal titolo: Narrazioni dall’infanzia su salute, corpo e amicizia. Ricerche etnografiche in tre scuole romane. Progetto realizzato grazie al contributo economico dell’istituto Montecelio, agenzia regionale per la comunicazione e la formazione; pubblicato a Roma nel 2009. Presentazione relativa alla ricerca a Lima: “Ananias: lotta all’abbandono scolastico mediante un programma di diagnosi e rieducazione per bambini/e con problemi di apprendimento”, realizzato dal CIES, in collaborazione con l’associazione peruviana Amigos de Villa, dipartimento di storia, culture, religioni – università degli studi di Roma “La Sapienza” e cofinanziato dal ministero Affari Esteri – DGCS e dalla regione Lazio. Roma 2012.

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