Pietrabbondante, perno tra medio e alto Molise
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Più del ponte di Sprondasino che invece segna il punto di passaggio tra alta e media valle del Trigno è il santuario italico il polo di riferimento di entrambi i comprensori.
La Settimana Verde del CAI di quest’anno ha riguardato i tratturi, l’attrattività dei quali non sta, di certo, solo nel sedime che occupano, ma, principalmente, negli elementi paesaggistici che da essi si possono godere; gli elementi sono sia di tipo culturale, i borghi (Duronia, Torella, ecc.), le case rurali tradizionali (ad esempio le “masserie” Fischietto tra Pescolanciano e Carovilli), le dimore signorili in campagna (il Casino del Duca e il Casino Cardarelli, entrambi a Civitanova), le fortificazioni (la torre di S. Bartolomeo prossima a Salcito), i siti di antiche taverne (Sprondasino), sia di tipo naturale (in particolare l’insieme boschivo di Collemeluccio e della Posta), sia di valenza panoramica, sui quali ultimi adesso ci soffermeremo.
Gli scorci visivi nell’areale interessato dal trekking effettuato a fine agosto dal Club Alpino Italiano sezione di Campobasso sono assai vari per via della complessità morfologica. Una spiegazione della “confusione” che si coglie nell’immagine di questo ambito territoriale la fornisce la geologia, cioè il suo substrato il quale sempre condiziona l’assetto del paesaggio. Ci troviamo, dal punto di vista del sottosuolo in una zona di passaggio tra le formazioni geologiche che caratterizzano le montagne del vicino Abruzzo e quelle della fascia collinare del Molise interno.
L’Alto Molise lo si può definire un’appendice di quella regione sotto l’aspetto litologico formato com’è da ammassi rocciosi costituiti di arenaria e calcare, mentre le colline della parte centrale della nostra, le cui ultime propaggini sono i rilievi che si distendono da Torella a Salcito, è composta di materiale argilloso. Si riscontra, comunque, una qualche continuità fra questi due contesti fisici che è dato dalla presenza delle Morge, grandi speroni lapidei presenti sia al di qua (dove si intensificano nel Parco delle Morge) sia al di là della linea, in verità incerta, che delimita tali ambienti con geologia differente; al di qua significa la suggestiva Morgia dei Briganti e quelle, anch’esse spettacolari, di Bagnoli e Duronia, al di là le Morge, che sono presenti anche nello stemma comunale, di Pietrabbondante, altrettanto belle.
La situazione orografica è più complicata di come potrebbe apparire dalla descrizione finora fatta perché bisogna aggiungere ai monti del Molise altissimo che definiscono il confine regionale una realtà montuosa ulteriore che racchiude il comprensorio divaricante dall’altra composta da La Montagnola Molisana e dal monte Totila. Camminando lungo i tratturi i quali sono il Castel di Sangro-Lucera e il Celano-Foggia nel tratto successivo all’attraversamento del Sangro fino all’incontro con il Trigno, il che avviene nelle vicinanze del paese di Civitanova per il primo e a Sprondasino per il secondo, le vedute sono concluse da quinte montane in ogni direzione.
La conformazione dei luoghi per questo sistema di emergenze montagnose divergenti fra loro rende pure l’idrografia movimentata, se si può dire così. Il fiume Trigno compie un’ampia curva all’interno di tali groppe, quasi avesse difficoltà a trovare un varco e solo quando avviene la congiunzione con il Verrino la quale succede a Sprondasino (ancora questo punto!) si avvia a correre rettilineo verso il mare permettendo allo sguardo di allungarsi verso la vallata che si viene ad aprire.
Si è nominato più volte Sprondasino che, però, non va considerato il momento nevralgico del passaggio dal territorio più francamente altomolisano a quello dei colli del medio Molise (è la denominazione usata dall’Unione dei Comuni di questo comprensorio), o almeno non in riguardo alla storia, avendo significato la sua centralità solo nei confronti della geografia. Storicamente parlando il baricentro della struttura territoriale va individuata nel santuario italico di Pietrabbondante che nell’antichità era un riferimento, il principale, per l’intero popolo sannita.
Ciò che oggi ci appare appartato rispetto ai circondari maggiormente popolati, come il fondovalle matesino in cui durante la dominazione romana vennero istituiti ben quattro municipi per sottomettere le tribù riottose, a quell’epoca era un perno fondamentale della strutturazione politica del Sannio. La sua collocazione in altura ne assicurava l’intangibilità, ne preservava la sacralità e, poi, la montagna a quei tempi non determinava la divisione delle genti che vivevano sui suoi opposti fianchi, bensì, al contrario, essa, poiché molto frequentata, era un fattore di unione.
Il santuario sannitico fa da cerniera tra il mondo dei montanari dediti innanzitutto alla pastorizia sulle “balze”, così le definì F. D’Ovidio nell’epigrafe incastonata nel piedistallo al Monumento ai Caduti di Pietrabbondante, dell’Alto Molise e quello dei contadini alle quote inferiori volgendosi verso la superficie collinare della regione. Il santuario, ad ogni modo, non era isolato essendo addirittura sfiorato dal Celano-Foggia e la considerazione che si è esposta può essere estesa all’intera unità sub regionale cui appartiene.
La sua permeabilità garantita dai tracciati tratturali, oltre il Celano-Foggia il Castel di Sangro-Lucera, non fanno pensare ad un angolo remoto, tagliato fuori dalle reti di comunicazioni, anche se qui i tratturi, a differenza di quanto è successo per il Pescasseroli-Candela sul quale si è sovrapposta prima una strada romana, la Via Minucia e dopo una napoleonica, non si sono “evoluti” ospitando arterie carrabili. Se è lecito utilizzare il termine marginalità è per la sua distanza dalla capitale della Diocesi, Trivento, che significa, dato che l’organizzazione diocesana è urbanocentrica, distanza da una città e, quindi, dai servizi di cui essa dispone.
Questi ultimi non sono solamente di ordine economico comprendendo pure quelli culturali, in primis il Seminario dove si formavano le classi dirigenti, e di valenza simbolica capaci di suscitare senso di appartenenza (nel caso in ispecie l’origine sannita e la Cattedra Vescovile) che Agnone fiorente centro artigianale e naturale capoluogo del comprensorio non può offrire.
Francesco Manfredi Selvaggi641 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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