Il waterfront del Molise
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Termoli, prima dell’emergere di Campomarino Lido e della fondazione delle Marine di Petacciato e di Montenero di Bisaccia, era l’affaccio al mare privilegiato della nostra regione. Qui si parla di balneazione, ma anche si accenna alla pesca e al trasporto marittimo essendo diventata, per quanto riguarda quest’ultimo, il punto di partenza, oltre che per le Tremiti, per le quali lo è sempre stato, dei viaggi in Croazia.
Il Molise è una regione che si sviluppa essenzialmente in senso latitudinale, è assai breve in quello longitudinale, cioè è lunga e stretta. La sezione in cui presenta la maggiore larghezza è la linea che passa per l’Alto Molise nell’asse della latitudine, seguita da quella che abbraccia l’area del Fortore, per il resto, che è la gran parte del territorio regionale, questa terra ha forma rettangolare con il lato minore molto più corto dell’altro. A tale inferiore estensione corrisponde però una superiore densità abitativa con i Comuni della costa tutti, Campomarino, Termoli, Petacciato e Montenero di Bisaccia, demograficamente consistenti.
Tale elevato popolamento umano è dovuto alla concentrazione in tale zona, per la quale anche ha il primato su base regionale, di attività produttive e di aziende agricole. La quota di PIL della regione derivante dalle iniziative economiche esistenti nella fascia litoranea è ben di più di quanto ci si sarebbe da aspettarsi considerata la limitata ampiezza della sua superficie.
Nel campo del settore turistico, invece, non si può effettuare una comparazione con la rimanente porzione del Molise per via dell’unicità della “risorsa” mare; il Bassomolise anche nel comparto del turismo ha il primato a livello molisano in quanto l’attrattività della balneazione supera il richiamo esercitato dagli sport invernali e, finora, delle bellezze paesaggistiche e storiche dell’entroterra. Un diverso tipo di esclusività del litorale sempre in collegamento con la distesa marina, è rappresentato dal mondo della marineria. Essa è suddivisibile in tre rami, della pesca, mercantile e del trasporto marittimo.
Vediamoli uno per uno cominciando dal primo lasciando fuori il terzo: qui da noi antecedentemente alla realizzazione del porto che consente, con il dragaggio frequente del fondo, alle imbarcazioni di prendere il largo si pescava dai trabucchi a causa dei fondali poco profondi che consentivano l’approdo solo a natanti di minimo pescaggio. Il discorso che si è toccato sulla navigabilità riguarda pure il traffico mercantile, specie del grano proveniente da uno dei primi “granai” del regno di Napoli che era il Mediomolise; si utilizzava, in mancanza di un’autentica infrastruttura portuale, un “caricatoio”.
Per favorire il commercio via mare che non sia di piccolo cabotaggio come un tempo si è pensato ad una varietà di soluzioni in verità solo 2, l’una l’allungamento dell’attuale molo e l’altra l’edificazione di un’isola (d’acciaio?) distanziata dalla battigia, ambedue con lo scopo di permettere l’attracco di navi con una alta chiglia. Entrambe le proposte produrrebbero un forte impatto sul paesaggio facendo perdere, peraltro, il carattere dell’attuale bacino portuale di specchio d’acqua contenuto e tranquillo in mezzo alla città.
Un’immagine questa che si gode, è il punto di osservazione più vicino, da un pezzo del percorso che segue la cinta muraria del Borgo Antico, occupando il pomerio, un belvedere privilegiato del panorama dell’Adriatico. Verrebbe danneggiata la visione dall’interno del villaggio medioevale e, reciprocamente, si altererebbe la visione dall’esterno del pregevolissimo borgo accostandogli una necessariamente lunga scogliera frangiflutti a protezione del prolungamento del molo.
Lo stesso effetto di danneggiamento delle visuali che ricomprendono il centro storico lo ha avuto, per un periodo temporale limitato essendo stata limitata la sua vita, il cantiere navale posto al di là del molo-martello. Secondo la normativa introdotta nel 1939 gli scorci panoramici di particolare bellezza vanno salvaguardati insieme agli angoli visuali da cui vengono percepiti: se il camminamento intramurario consente la vista da una posizione rialzata della superficie acquea, dal lungomare realizzato in direzione nord della città lo sguardo corre, per così dire, a pelo d’acqua fino a raggiungere il limite dell’orizzonte se non fosse che a tratti esso è ostacolato dalle barriere messe in opera per prevenire l’erosione dell’arenile.
Gli investimenti di salvaguardia della battigia sono stati considerevoli lungo l’Adriatico la cui costa è in notevole percentuale bassa, inizialmente per difendere la linea ferroviaria, importantissimo canale di comunicazione che congiunge il meridione al settentrione d’Italia immaginato un secolo e mezzo fa, e in seguito, dopo l’esplosione avvenuta 50 anni orsono dell’ “industria” balneare, per evitare la perdita delle spiagge, un vero e proprio “capitale naturale” che favorisce la villeggiatura nei litorali sabbiosi come il nostro.
La strada ferrata avrà pure avuto ricadute negative sull’immagine marina dovute alle opere di contenimento del fenomeno erosivo di cui si è detto, ma di controcanto, rimanendo nell’angolatura della crescita dei bagnanti, è un effetto positivo, ha il merito di aver determinato l’ “agibilità” di vasti segmenti di fascia litoranea fino ad allora inaccessibili. Si pensi alle stazioni di Campomarino e di Petacciato presso le quali, meno nella seconda, si è innescato un addensamento di costruzioni turistiche che nella prima ha prodotto la formazione di un autentico e corposo insediamento.
Anche Termoli viene toccata dal passaggio, con scontata sosta, dei treni, il quale avviene proprio nell’area urbana e non in un sito rurale come si verifica negli altri Comuni fronteggianti la marina e ciò, è bene evidenziarlo, non perché si tratta di un agglomerato abitativo consistente quanto piuttosto perché è prospiciente il mare così come lo è il tracciato della ferrovia. Ne discende che a Termoli gli stabilimenti balneari insistono nell’ambito cittadino.
Del resto fin quando non si attrezzerà adeguatamente il Lido di Campomarino (l’apertura della Conchiglia Azzurra va considerata un’iniziativa pioneristica) in modo da essere capace di fornire servizi adeguati ai bagnanti contribuendo a rendere tale posto competitivo con gli altri centri turistici marini anche extraregionali, l’offerta di vacanza estiva a Termoli, che si giova delle opportunità ricreative esistenti in loco, è l’unica in grado di soddisfare le esigenze di una clientela sufficientemente esigente, di qualità, di gusti moderni.
La maggiore cittadina adriatica ha un doppio vantaggio, sensibile nell’epoca che precede la motorizzazione di massa, quello di trovarsi sulla direttrice ferroviaria litoranea e quello di essere il terminale dei treni che collegano con l’interno i quali favoriscono il pendolarismo degli amanti del mare, i “bagnanti della domenica”.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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