Migrazioni di ogni tipo

Parlare di Bibbiano e Salvini? Meglio di Giustizia e Umanità!

di Giovanni Petta

Quanto accaduto nell’ambito degli affidi dei minori non sembra tanto lontano da quanto accade nel mondo, sempre più vasto e complesso, delle migrazioni.

Allontanare forzatamente i figli dai genitori (caso Bibbiano) non è diverso dall’allontanare i genitori dai figli (migrazioni). Che siano i primi ad essere allontanati dai secondi o i secondi dai primi non modifica il risultato. E il risultato – così come tre per due, o due per tre, fa sempre sei – è comunque lo stesso: abbandono. E l’abbandono, soprattutto quando ci ricorda i bambini allontanati dalle madri all’ingresso dei campi di concentramento, è disumano.

Parlare dei casi specifici, nonostante siano essi necessari per rilevare il problema, non serve e allontana ogni tipo di soluzione. Ingenera prese di posizioni fanatiche e faziose, porta al tifo da stadio. E quando la politica scende a questo livello non c’è modo di dialogare. Provate a convincere un tifoso del Napoli a riconoscere la forza della Juventus o viceversa…

Dunque, parlare del sindaco Pd di Bibbiano o di Salvini non porta da nessuna parte.

La politica – ma anche l’informazione e, conseguentemente, l’opinione pubblica – dovrebbe interrogarsi sulla radice del problema e non sulla minuteria. Sui casi singoli devono prodursi gli amministratori e la magistratura.

«La rivendicazione di un’identità culturale tende oggi a imporsi in tutto il mondo, a causa dei nazionalismi e della globalizzazione. Ma è un errore parlare di “differenze” che isolano le culture. Conviene, piuttosto, parlare di scarti, che le mantengono l’una di fronte all’altra, promuovendo un terreno comune». Questo afferma François Jullien («L’identità culturale non esiste», Einaudi, 2018)

«Quando una nazione perde il contatto col suo passato, con le sue radici, quando perde l’orgoglio della sua storia, della sua cultura e della sua lingua, decade rapidamente, smette di pensare, di creare e svanisce». Questo afferma Francesco Alberoni (“Il Giornale”, 2013)

«Un europeo – scriveva Armando Gnisci, scomparso recentemente – comincia a decolonizzarsi la mente […] attaccando e scorticando la propria “natura” europea.”3 Bisogna liberare la nostra mente dall’idea eurocentrica e imperialistica e tendere verso un colloquio paritario dei mondi “rieducando noi stessi, attraverso l’imparare dagli altri» (“Decolonizzazione”, Kuma, Aprile 2001).

Naturalmente, queste sono solo tre delle tante tesi sul concetto di identità culturale diffuse negli ultimi tempi.

Cosa dovrebbe fare la politica? Valutare le argomentazioni a sostegno delle tre tesi qui riportate e delle tante altre proposte, prescindendo da ideologie e pseudo-ideologie, evitando quel tifo da stadio di cui si diceva prima. Tenuto conto che molto probabilmente, il sindaco di Bibbiano ha scelto di iscriversi al Pd non certo per aver letto Gramsci. Tenuto conto che, molto probabilmente, il sindaco di Apricena ha scelto di iscriversi alla Lega non certo per aver letto Gianfranco Miglio.

E poi… i dati. Se i migranti con desiderio di venire in Europa fossero cinque milioni… una civiltà che di milioni ne conta cinquecento dovrebbe spaventarsi? Il problema può risolversi senza tener conto che l’80% degli abitanti del pianeta vive con il 20% delle risorse e che il 20% della popolazione mondiale ha a disposizione l’80% delle risorse?

Interrogarsi continuamente… dati e argomentazioni da verificare… continuamente. Da qui le ipotesi di soluzione…

Ma, se esistono già tante tesi sul tema delle migrazioni, come portare a un ragionamento-macro l’episodio di cronaca di Bibbiano? Come andare oltre il comportamento del singolo assistente sociale o il singolo caso di affido?

A un livello superiore c’è solo il concetto di Giustizia che in politica si traduce con il funzionamento dell’ordine giudiziario. C’è un numero di cittadini, adeguato a un Paese occidentale, soddisfatti dalla magistratura italiana? È pensabile risolvere Bibbiano se la maggior parte degli italiani non è soddisfatto dalla superficialità con cui vengono trattati i problemi di convivenza nel Civile e nel Penale? E se qualcuno lo è, è altrettanto soddisfatto dei tempi impiegati per la risoluzione del suo problema? C’è qualcuno convinto che, per esempio, i fenomeni di corruzione e di evasione fiscale, quotidianamente incontrati dai cittadini, siano completamente nascosti agli occhi dei magistrati e delle forze dell’ordine? È possibile tutto ciò?

Ecco dunque il bisogno di non spendere energie intellettuali per sostenere la chiusura o l’apertura dei porti, per evocare la pena di morte o il carcere duro per gli assistenti sociali, per inquadrare con esattezza la fattispecie di crimine per lo speronamento di una motovedetta. Tutto ciò rientra nei compiti di chi amministra i territori e di chi opera per far rispettare le leggi. E tutto ciò può funzionare bene solo se discende e deriva da un’idea sovrastante di mondo che bisogna scegliere. E la scelta va fatta allontanandosi da e abbandonando – questa volta sì che i due verbi hanno valore positivo – ogni ideologia e, soprattutto, ogni difesa subdola del proprio minuscolo e inutile privilegio.

Giovanni Petta76 Posts

È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».

0 Comments

Lascia un commento

Login

Welcome! Login in to your account

Remember me Lost your password?

Lost Password