Cronache molisane: fare sociale nella regione che non c’è

di Roberto De Lena

Forse il piccolo e periferico Molise non esiste nelle agende politiche e nelle cronache nazionali, ma i bisogni sociali dei suoi abitanti sono più vivi che mai. Poco più di 305 mila abitanti (neanche un quartiere di Roma) distribuiti in 136 comuni, il 90% dei quali ospita meno di 5000 abitanti; un tasso di spopolamento che cresce di anno in anno: solo nel 2018 hanno lasciato la Regione oltre 9000 persone e il tasso di mortalità ha doppiato quello di natalità. Pochi e molto anziani, con una prospettiva di vita più lunga, ma con altrettanti problemi nell’accesso alle cure: il sistema sanitario regionale, sovraindebitato, è sull’orlo del collasso e diversi sono i presidi ospedalieri smantellati o in via di smantellamento.

Non mancano le emergenze ambientali in corso, frutto di un’idea di progresso legata al paradigma delle grandi opere: gasdotti, trivelle, eolico selvaggio, siti e impianti inquinanti, qualità del mare compromessa. Mentre le infrastrutture lasciano a desiderare: poche e mal curate le arterie viarie della Regione. Faticano i lavoratori, con diverse crisi industriali aperte e irrisolte (il tasso di disoccupazione è al 10,8% nel secondo trimestre del 2019), mentre non si intravedono all’orizzonte idee per uno sviluppo locale inclusivo, che distribuisca benessere a partire dalle fasce più deboli della popolazione.

Sono proprio queste fasce, ma non solo, che accusano più di altre i colpi di un sistema in crisi: solo nel 2018, e tutte nella provincia di Campobasso, 778 richieste di esecuzione di sfratto e 108 sfratti emessi. Dei 139 provvedimenti di sfratto emessi, oltre il 90% sono per morosità. Il diritto alla casa, quindi, è spesso disatteso, con gli Istituti Autonomi di Case Popolari non in grado di assicurare l’accesso all’abitazione per tutte le persone che ne avrebbero bisogno. Secondo i dati diffusi recentemente, in occasione della giornata FAO dell’alimentazione, sarebbero 6200 i molisani che non hanno da mangiare a sufficienza: fra questi il 4% è composto da bambini.

Non meraviglia, purtroppo, questo dato recente, poiché da diversi anni ormai il Molise si caratterizza per tassi di povertà più elevati rispetto a quelli della media nazionale. Essendo carenti o inesistenti alcuni determinanti della salute (habitat, lavoro, sistema di protezione, qualità delle relazioni sociali, accesso alla cultura, condizioni lavorative, accesso alla casa e alle cure, etc) non stupisce che sia in aumento anche il dato delle sofferenze mentali e piscologiche: in Molise sono oltre 6000 le persone che chiedono aiuto al Centro di Salute Mentale, almeno 2200 nella sola provincia di Campobasso con l’aggravarsi di un altro fenomeno: la diffusione delle forme di autolesionismo tra i giovani tra i 15 e i 24 anni.

Preoccupa particolarmente anche la diffusione del fenomeno della dipendenza da sostanze. Evidentemente c’è una fascia di popolazione, quella giovanile, che patisce nel silenzio e manifesta attraverso questi atti, o con l’emigrazione fuori Regione o fuori dall’Italia, l’assenza di prospettive per il proprio futuro. Un certo approfondimento meriterebbe la questione della popolazione migrante, che come nel resto d’Italia subisce in percentuale maggiore le conseguenze della povertà: sono poco meno di 14.000 gli stranieri residenti in Molise, ma al gennaio 2018 la Regione risultava essere in Italia quella che in rapporto al totale della popolazione residente ospitava il maggior numero di richiedenti asilo e rifugiati: 1,17 migranti ospiti in strutture ogni 100 abitanti residenti.

Molti di loro hanno subito e stanno subendo i colpi dei recenti decreti sicurezza, finendo per trovarsi in condizioni di irregolarità e sono a rischio di sfruttamento sessuale e lavorativo, fenomeni che stanno crescendo anche nei nostri territori, oppure andando ad ingrossare il numero di senza dimora che vivono il territorio. Secondo i dati recentemente diffusi nel Dossier statistico sull’immigrazione 2019, peraltro, se fino al 2018 c’era stato un progressivo aumento nella presenza di persone straniere nel territorio molisano, ora comincia a registrarsi una battuta d’arresto: sono in molti i migranti che, come i loro coetanei italiani, lasciano la Regione alla ricerca di lavoro.

È dentro questo quadro di multiproblematicità, un quadro allarmante e desolante, che quotidianamente svolgono la propria opera centinaia di operatori sociali e volontari del territorio. Secondo i dati diffusi nel settembre 2019 sarebbero più di mille i soggetti di Terzo Settore presenti in Molise e circa 24.000 i volontari. Una risorsa da cui ripartire, per tentare di invertire la rotta all’interno, però, di un nuovo paradigma sociale, economico, ecologico. È quanto si propongono, ad esempio, alcune realtà operanti nel territorio bassomolisano e di Termoli, comune costiero del Molise di circa 30.000 abitanti, che da qualche anno a questo parte stanno stringendo alleanze di rete.

Si tratta delle cooperative Progetto Popolare e DiversaMente, che gestiscono il centro diurno afferente al Centro di Salute Mentale, dell’Associazione Faced, che gestisce una comunità di recupero per le dipendenze, e insieme al gruppo de La Città Invisibile si occupa di sostenere i senza dimora e di tutelare i diritti dei migranti, della Caritas diocesana di Termoli- Larino, impegnata nel contrasto alle marginalità sociali e nella accoglienza e inclusione sociale dei richiedenti asilo e dei rifugiati, della Consulta per le disabilità del Comune di Termoli e del gruppo Tempi Moderni, che promuove da anni la diffusione della cultura cinematografica con una forte attenzione alle tematiche sociali.

Una rete costituitasi a partire dalla consapevolezza condivisa che nessuno si libera da solo e nessuno libera nessuno, ma ci si libera insieme in solidarietà. Queste parole del pedagogista brasiliano Paulo Freire, un faro per molti operatori e attivisti impegnati nel costruire e rafforzare ogni giorno le reti di solidarietà territoriali, ha fatto da sottotraccia, ad esempio, alla terza edizione del Festival di Cinema Sociale Interferenze, conclusasi venerdì 18 ottobre. Quattro giorni di proiezioni gratuite alle quali hanno partecipato centinaia di cittadini locali.

Interferenze, però, non è “solo” un festival cittadino di cinema (realizzato peraltro all’interno di una storica sala parrocchiale ormai in disuso): il progetto si manifesta certo pubblicamente nelle giornate del festival, ma porta avanti le sue attività correlate durante tutto l’arco dell’anno: con le attività di InterLab, laboratorio creativo e di promozione del benessere che coinvolge utenti di diversi servizi territoriali, con gli incontri di sensibilizzazione nelle scuole, con le proiezioni- evento aperte alla cittadinanza durante tutto l’arco dell’anno, che hanno lo scopo di approfondire le problematiche sociali e di allargare la rete di soggetti in cooperazione tra loro.

Ora i promotori di interferenze, mentre continuano a svolgere nel quotidiano le proprie attività di fronteggiamento delle sofferenze sociali, hanno deciso di consolidare la propria strategia di rete per promuovere interventi nel nuovo piano sociale di zona volti a favorire il sostegno alle persone beneficiarie dei propri servizi e, nel contempo, a produrre nuove economie e cultura per il territorio nel suo complesso. Insomma dentro l’abbandono dei territori da parte di molte istituzioni, dentro e oltre l’incuria sociale a cui la popolazione locale sembrerebbe destinata, crescono germogli comunitari di nuova umanità. È il Molise che non ti aspetti e che r-esiste, nella Regione che non esiste.

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