Uomini Contro

di Luigi Pizzuto

Sale in alto lo spirito di chi non c’è più, grazie ad una scenografìa creativa, realizzata con materiali di scarto, per rievocare gli eventi più drammatici accaduti nel Basso Molise nel corso del secondo conflitto mondiale

Teatro della memoria per far vibrare la voce del cuore, affinché le esperienze più brutali della storia umana non si ripetano mai più. Nell’area del cratere il culto di una storia radicata negli episodi locali fa scuola da oltre quindici anni mediante un’esperienza teatrale che coinvolge  i ragazzi dell’Omnicomprensivo Capriglione di Santa Croce di Magliano e, nel racconto di ieri,  gli stessi anziani, capaci di riscrivere, con il loro narrare,  il dolore dei conflitti passati. Consensi unanimi, dunque, per “Uomini contro”, un pezzo teatrale inedito, che, nell’ambito degli itinerari della memoria, ha il compito di emozionare, scuotere, coinvolgere e far riflettere gli spettatori su tanti pezzi drammatici di storia molisana, ai più sconosciuti.

Sul palcoscenico  circa cento ragazzi, della Scuola Media e del Liceo Scientifico,  hanno animato – con la voce di vari linguaggi – lo scenario drammatico di una guerra che parte dall’olocausto fino ai nostri giorni  e che, purtroppo, con la sua barbarie,  non ancora riesce a placarsi in molti punti  del nostro pianeta. Il canovaccio, con la sue originali animazioni si è rivelato interessante e a forte impatto espressivo. Il gioco della fantasia, le azioni mimico gestuali, allusive e metaforiche, tra il bianco e nero dei costumi e dei gesti,  hanno fatto salire in alto lo sguardo di tutti, abbracciando col cuore chi non c’è più.  Un fluire di pulsioni, di desideri delicati, di profondità, che sono state condivise dagli spettatori per ridare corpo al senso del vivere sociale,  rispetto a tutto ciò che non va.

Le note di regia si sono sforzate di rendere visibile il silenzio di tante grida disperate, soffocate e massacrate. A partire dalle numerose vite spezzate  di tantissimi diciottenni  scolpite sui monumenti. La danza, il teatro, la musica hanno riacceso la vita dei ricordi. Profondamente toccante, dopo il valzer e il bombardamento,  l’imprevedibile distacco delle anime bianche dal groviglio dei numerosi corpi esanimi,  distesi ai piedi del palcoscenico. Poi lo scenario di oltre cinquanta sagome bianche oscillanti – realizzate con lenzuola tirate fuori dai cassetti della memoria  –  ha animato uno dei momenti più significativi della performance teatrale.

Commovente la fucilazione di Antonio Iacurto – avvenuta a Santa Croce di Magliano nell’ottobre del 1943 – per non aver rispettato il coprifuoco durante l’occupazione nazista. Il giovane uscì istintivamente di casa prima dell’alba. Sfortunatamente incontrò una pattuglia tedesca che – senza esitazione – lo condannò a morte. Il suo corpo rimase abbandonato sotto una catasta di legna alle spalle di Palazzo de Mattheis. Solo dopo parecchio tempo venne ritrovato e portato al cimitero  per avere una dignitosa sepoltura.  A Bonefro – invece –  tante mamme piansero per tutta la vita i propri figli a causa della “Strage dei bambini”  avvenuta l’8 luglio 1944. Nel cuore dell’abitato, frequentemente affollato di bambini,  ne morirono ben quattro per aver manipolato  delle bombe a mano scambiate per una scatoletta,  oppure per qualcosa con cui divertirsi.

Una strage inattesa dopo la liberazione che per molto tempo azzittì tutto il paese.  A Colletorto, invece,  è ancora viva la storia di Antonio Mucciaccio morto nel campo di sterminio di Mauthausen, riportata nel libro di Vincenzo Pappalettera “Tu passerai per il camino”, pubblicato da Mursia Editore. Il giovane colletortese morì il 7 gennaio 1945, venti giorni prima che gli alleati liberassero i campi di sterminio. La notizia della scomparsa si è saputa solo nel 1965, dopo la richiesta dell’Anpi di Milano al borgomastro di Mauthausen, di sapere il numero dei decessi lombardi nel lager della morte.  Il monumento ai caduti di Colletorto lo dà ancora per disperso. Tante storie del Basso Molise s’intrecciano sui gradini della sofferenza. Quella più nota è la “strage di Tavenna”, rappresentata in un’altra edizione teatrale. Qui, per rappresaglia, vennero fucilati  dai tedeschi due carabinieri e un cittadino del luogo.

Il 13 ottobre 1943, infatti, presso Fonte Canaparo, all’ingresso del paese,  i tre ostaggi vennero fucilati a seguito del ferimento  di un soldato tedesco. Sotto i colpi del plotone di esecuzione cadde Vincenzo Simone, carabiniere di Colletorto,  proveniente dalla martoriata città di Ortona. Si trovava in Molise solo di passaggio. Il destino ha voluto che, contemporaneamente, alla stessa ora, il tredicenne Vincenzo Paradiso saltasse in aria a Colletorto mentre rientrava in paese col suo ultimo carico di uva. Tante storie, tanti destini, tanti simboli.

Pare che sia  riuscito il tentativo di  moltiplicare sulla scena  l’immagine del monumento ai caduti, realizzato dallo scultore Antonio Giordano. La scultura in marmo bianco di Carrara – presente nel cuore di Santa Croce –  raffigura, nelle sembianze di una vestale,  una mamma addolorata che stringe tra le braccia il figlio morente. Simbolo di tutte le mamme del mondo. Icona della comunità santacrocese. Perché tra i vinti sono le mamme a piangere i figli per tutta la vita. Tra i vincitori,  nella stessa forma, si ripete questo dolore struggente. Allora perché la guerra? Perché l’odio razziale contro chi ha soltanto le gambe per camminare? E’ il monito lanciato a voce alta in tutta la nostra comunità.

 

 

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