Giù le mani dalla scuola

di Anna Maria Di Pietro

La sospensione di 15 giorni dal servizio che ha colpito l’insegnante palermitana, “rea” di non aver vigilato sul lavoro dei propri alunni, i quali in occasione del Giorno della Memoria, in due slide avevano accostato le leggi razziali del 1938 al “Decreto sicurezza”, è indice dell’aria pesante che tira.

Diceva Kant: “Il maestro non può insegnare i pensieri, ma deve insegnare a pensare”. E questo ha fatto Rosa Maria Dell’Aria, professoressa di italiano all’Istituto Tecnico Industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, che dopo aver tenuto lezioni sui diritti umani, anche in occasione della “Giornata del migrante”, ha chiesto ai suoi allievi di produrre un lavoro riguardante l’Olocausto. Gli alunni hanno così realizzato il video “incriminato”. Da qui, l’inchiesta, con tanto di interrogatori, promossa dall’Ufficio Scolastico Provinciale del capoluogo siciliano, che come epilogo ha partorito l’insano provvedimento disciplinare a carico della docente. Il tutto è partito da un tweet di tale Claudio Perconte, un attivista modenese di destra, che commentando il video ha dichiarato che l’insegnante avrebbe “obbligato” i suoi alunni a dire che Salvini è come Hitler perché stermina i migranti. Una dichiarazione venuta all’attenzione della sottosegretaria ai Beni Culturali Lucia Borgonzoni, la quale il giorno seguente su Facebook ha dichiarato l’atteggiamento della professoressa degno di ignominia e di interdizione a vita dall’insegnamento. Parole pesanti come la misura presa, che, oltre a violare i diritti fondamentali di espressione e d’insegnamento, si fonda su un presupposto sconcertante: la professoressa non avrebbe vigilato sull’elaborato degli alunni. Ma perché, l’insegnamento contempla il controllo, l’ammaestramento, la limitazione del pensiero?

Insegnare non vuol dire forse educare, portando i ragazzi a sviluppare un pensiero autonomo, critico, che li aiuti a crescere e ad avere consapevolezza di sé? Questo è ciò che dovrebbe accadere negli stati liberali e democratici dove la libertà di espressione viene fortemente tutelata; eventuali limitazioni intervengono solo qualora le espressioni pregiudichino l’ordine pubblico e i valori costituzionali e incitino alla violenza, all’odio razziale o religioso, offendendo la morale pubblica.
Analizzando i fatti, in realtà non si trova nulla di tutto questo, visto che il lavoro non aveva nessuno scopo di propaganda politica ed è stato solo il risultato di una ricerca storica poi comparata con l’attualità. In fondo, i giovani “rivoluzionari” guardando indietro hanno trovato analogie con il presente. Ma perché, forse non è così? Tutti i giorni il Ministro dell’Interno parla del “nemico da combattere”, che oggi è il migrante e ieri era l’ebreo, portando avanti una propaganda politica fatta di porti chiusi, respingimento, sequestro di navi cariche di disperati, proponendo addirittura il “Decreto sicurezza 2”, come se il primo non fosse già abbastanza. Ultimamente, affacciato alla loggetta, col suo piglio fiero, aizzando le folle, a molti ha ricordato il Duce, da cui ha mutuato anche l’idea di riproporre il grembiule in classe. E vogliamo parlare della pubblicazione dell’ultimo libro-intervista con Altaforte, casa editrice vicina a CasaPound? Tutti atteggiamenti che riportano alla mente il fascismo. Annusando l’aria, questo è l’olezzo. Su questo aspetto bisognerebbe concentrarsi, chiedendosi come mai degli adolescenti siano giunti a una conclusione del genere.

Di parole offensive e gratuite Salvini ne ha proferite tante. Ricordiamo le sue “goliardiche”, e veramente becere, canzoncine che parlavano di cani, puzze e napoletani, senza dimenticare l’exploit del ministro Bussetti che, durante l’ultima visita in Campania, dava degli “scansafatiche” agli insegnanti del Sud. Intanto, i due, viste le tante azioni e reazioni scatenatesi su vari fronti per manifestare solidarietà all’insegnante, hanno espresso il desiderio di incontrarla per un chiarimento. In effetti, si è alzato un coro unanime a difesa della docente. Il leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio ha telefonato personalmente alla professoressa, esprimendole solidarietà e promettendo il massimo impegno per la sua reintegrazione. Anche il Presidente grillino della Camera Roberto Fico le ha scritto una lettera per ringraziarla dell’ottimo lavoro svolto, spronando i ragazzi a coltivare la curiosità per un pensiero libero, che li porti ad esprimere sempre le proprie opinioni. Intanto, su internet sono già state raccolte oltre 170mila firme a sostegno dell’insegnante nelle due petizioni promosse dal segretario del PD Nicola Zingaretti e dal sindacato di base USB. Parole di vicinanza sono giunte dal Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, oltre che dall’intero comparto scolastico, che ha visto docenti e studenti in prima linea per il sostegno alla professoressa. Comunque, al di là di ogni polemica resta l’amaro in bocca per un’azione gretta verso una persona che ha sempre svolto con passione il proprio lavoro e che, prossima alla pensione, per dirlo con le sue parole, ha provato “la più grande amarezza e ricevuto la più grande ferita”. E i ragazzi, cosa avranno imparato da questa “prova di forza”? Si è creato un precedente pericoloso, perché lo spauracchio del “bavaglio” pende sulle “teste pensanti” di tutti.

Anna Maria Di Pietro90 Posts

Nata a Roma (Rm) nel 1973, studi classici, appassionata lettrice e book infuencer, si occupa di recensioni di libri e di interviste agli autori, soprattutto emergenti.

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