Covid: le responsabilità della politica

“La follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o che vorrebbe dire”

Franco Basaglia

di Paolo Di Lella

Nell’ultima puntata di Atlantide, il programma condotto da Andrea Purgatori su La7, Umberto Galimberti, filosofo e studioso del pensiero simbolico, ha affermato, riferendosi a coloro che negano la pericolosità del coronavirus, che “con i pazzi non è facile ragionare”.

Da parte nostra, siamo certi di non poter essere sospettati in alcun modo di posizioni negazioniste rispetto alla “malattia da nuovo coronavirus”. Fin dal primo momento abbiamo anzi criticato con forza tanto le posizioni dei leader populisti come Trump, Johnson, Bolsonaro (tutti puntualmente contagiati, come per un’ironia del destino), quanto l’atteggiamento di superficialità e approssimazione, nonché di sudditanza verso i poteri forti dell’economia, con cui il nostro governo nazionale ha affrontato la prima fase (e non solo) dell’emergenza covid in Italia.

Ciò non toglie che abbiamo più di qualche riserva a derubricare come follia tutto ciò che è espressione della cosiddetta deep society. Non è che ci appassionino le teorie complottiste, semplicemente vorremmo cercare di capire.

Lasciamo volentieri agli psicoanalisti, ai sociologi, ai filosofi la dolce arte di dare un nome ai comportamenti umani, così come riconosciamo agli scienziati l’onore e l’onere di dimostrare la fondatezza delle loro teorie.

Non ci interessa destrutturare e confutare le teorie negazioniste o complottiste. Ci interessa la politica, indagare il magma, ciò che bolle in profondità. E il fatto che certe mistificazioni attecchiscano in particolar modo tra coloro che stanno perdendo tutto ci dice che ormai la frattura tra classe dirigente e cittadini sempre più impoveriti è diventata incolmabile.

Ormai è chiaro a tutti che il virus sarebbe stato molto meno letale se avessimo avuto più ospedali (in modo da poter predisporre centri covid separati), più terapie intensive, più medicina territoriale, più ambulanze, più medici e più infermieri; il contagio sarebbe stato molto più contenuto se il trasporto pubblico fosse stato dotato di più mezzi e più personale; la scuola sarebbe stata un luogo più sicuro se avessimo avuto aule più adeguate e in maggior numero.

La scelta di smantellare i servizi pubblici è stata una scelta politica. Allo stesso modo le scelte di chiudere certe attività, di fare la didattica a distanza e lo smart working, – tutte forme che hanno aumentato l’impoverimento materiale e spirituale delle persone – sono state le conseguenze drammatiche delle politiche antisociali messe in campo negli ultimi trent’anni.

Il negazionismo più pericoloso è quello dei politici che negano le proprie responsabilità in questo disastro annunciato e che ora, grazie ai media compiacenti, vorrebbero indurre i singoli cittadini a sentirsi in colpa per non essersi adattati a crepare dentro casa (per chi ce l’ha).

Un esempio calzante di questo ci viene dal Molise, terra di negazionismo per eccellenza (c’è chi mette persino in dubbio la sua esistenza), il cui presidente della Regione Donato Toma, ospite in collegamento della trasmissione “Titolo V” in onda venerdì scorso su rai 3, ha affermato testualmente che è la regione con i numeri migliori d’Italia.

Prima del suo intervento erano state trasmesse diverse interviste in cui il personale sanitario del “Cardarelli”, l’ospedale del capoluogo, aveva affermato che non c’erano posti né in terapia intensiva né nel reparto di malattie infettive (con l’esito di dover dirottare i pazienti operati bisognosi della terapia intensiva presso altre strutture), che molte visite ambulatoriali erano state annullate per paura del contagio (vedremo nei prossimi anni a quanto sarà schizzato il tasso di mortalità per tumori) e che ad alcuni pazienti no covid era stato persino negato il soccorso delle ambulanze perché queste erano state usate per il trasporto di pazienti covid. Circostanza questa confermata da due episodi accaduti negli ultimi giorni: un incidente vicino Termoli sul quale è dovuta intervenire un’ambulanza dalla Puglia e un signore morto per una puntura di calabrone dopo aver aspettato i soccorsi per più di mezz’ora.

Eppure il presidente della Giunta dice che va tutto bene. Del resto ha gioco facile dal momento che i giornalisti della trasmissione non gli fanno la domanda più importante: come mai avete sabotato, lei e i suoi collaboratori, in ogni modo e con ogni mezzo il progetto del centro covid a Larino, nonostante il parere favorevole del Consiglio regionale e dell’Unità di crisi, e avete invece optato per la commistione nel più importante ospedale della regionale, l’unico in grado di fronteggiare le situazioni più complesse come le patologie tempo-dipendenti ed oncologiche?

Come si vede, il vero problema sono le scelte politiche, non i comportamenti o le scelte individuali.

I responsabili di quell’impazzimento a cui allude Galimberti – dimostrando scarsa sensibilità nei confronti della sofferenza psichica che purtroppo sta davvero coinvolgendo sempre più persone – sono i governi che, ostinatamente, scelgono di obbedire alle leggi del mercato invece di impegnarsi a risolvere una crisi di civiltà che incombe e che affonda le sue radici nella sofferenza dei meno abbienti.

Paolo Di Lella100 Posts

Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014

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