IL RICORDO DI UN VATICANISTA PER CASO

Ho avuto la ventura umana e il privilegio professionale di svolgere una parte importante del mio lavoro di cronista seguendo alcuni dei 102 viaggi compiuti fuori d’Italia da Karol Wojtyla “commesso viaggiatore del Vangelo”, Comunicatore Globale che ha contribuito a cambiare il mondo. Ho assistito ai suoi baci a terra di Polonia, Messico, Francia, Gran Bretagna, Brasile, Belgio, Olanda, Austria, Spagna, Portogallo, Bangladesh, Singapore, Australia, Isole Fiji, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Canada.

Non sono mai stato “vaticanista”. Lo divenni per caso nel 1978. Lavoravo alla redazione esteri del GR di Radio Tre (rete minoritaria ed elitaria). In una domenica d’agosto a ranghi redazionali ridotti, m’imposero di andare a coprire, malgrado la mia riluttanza, le esequie di Paolo VI° la cui salma stava per essere traslata da Castel Gandolfo a San Pietro: mi documentai come meglio potevo, raccolsi una serie di interviste volanti e feci sull’evento le mie brave, compunte radiocronache.

Aspettavo che la redazione si dotasse di un vero esperto in materia, speravo che quella mia prima esperienza rimanesse unica. Ma sapete come andò? il povero Papa Luciani (Giovanni Paolo I°) muore improvvisamente e ritocca a me occuparmi di Vaticano. Viene convocato il Conclave e mi mandano allo sbaraglio per seguire la nuova elezione papale. Quella di Karol Wojtyla.

La Rai, che allora monopolizzava il campo, predispose le sue attrezzature privilegiando ovviamente i TG che dalle loro postazioni dominavano piazza San Pietro; noi della Radio dovemmo invece accontentarci di seguire l’evento stando pericolosamente issati sul tetto di tre pullman collocati all’inizio del braccio sinistro del colonnato di Bernini. Per tre giorni, tra una fumata nera e l’altra e tra un’edizione del Gr e l’altra, me la cavai dignitosamente raccontando tutto il raccontabile sul conclave, sui cardinali, sui presunti papabili, sulle prerogative del Pontefice e sull’attesa sempre più intensa delle migliaia e migliaia di persone e di retroguardie turistiche che gremivano la piazza.

Ed eccoci al collegamento in diretta di quel fatidico pomeriggio del 16 ottobre quando si profilò finalmente all’orizzonte l’attesissima fumata bianca. Eccoci allo storico HABEMUS PAPAM cui seguì il nome di Karol Wojtyla. Nel captare l’agglomerarsi vocalico di quel “uoitiua” credetti anch’io, come tanti colleghi, che ad ascendere al soglio di Pietro fosse un africano. Insomma il fatidico annuntio vobis fu per me un momento di autentico panico, altro che gaudium magnum. Possibile, mi chiedevo, che dopo 455 anni di pontefici italiani, proprio ora fosse la volta di uno straniero? Scorrevo freneticamente i miei appunti alla vana ricerca di un africano tra i 111 del collegio cardinalizio, mi arrampicavo sugli specchi della retorica con un miserando bla- bla. Descrissi tutto: l’emozione dei fedeli, l’importanza dell’avvenimento per la cristianità, le luci dei lampioni che cominciavano ad avere la meglio sul tramonto e via blaterando. Ma dell’unica cosa che gli ascoltatori volevano sapere – chi fosse e da dove venisse questo Wojtyla – zero.
 L’unico di noi a salvarsi, grazie ad una profonda conoscenza del mondo ecclesiastico e ad una prodigiosa memoria, fu il vaticanista del GR1, Gregorio Donato, indimenticabile collega di straordinaria cultura e umanità. Solo che lui non poteva interrompersi per darmi informazioni. Per fortuna a farmi da supporto fu un giovanissimo collega, Paolo Aleotti (futuro corrispondente USA per il TG3) che fendendo la moltitudine dei fedeli, si lanciò a razzo verso la sala stampa vaticana, s’impossessò dell’appena sfornata biografia ufficiale del neo Papa, rifece l’intero percorso e mi consegnò trafelato il prezioso documento salvandomi così da una vergognosa debacle professionale. E da un infarto.

Giuseppe Tabasso379 Posts

(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.

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