RIACE: IN ATTESA DI UNA PAROLA DI BREGANTINI

di Antonio Ruggieri

Mentre l’indagine della Procura di Locri su Mimmo Lucano procede con accuse sempre più temerarie, il “modello Riace”, quello per cui il piccolo comune calabrese era diventato famoso nel mondo, è stato smantellato. Insieme ai migranti sono partiti i riacesi che lavoravano al progetto d’accoglienza e alle attività che esso aveva generato, lasciando il centro storico silenzioso, sguarnito di abitanti e di bambini innanzitutto. Tante voci si sono levate per protestare contro quest’attacco dissennato e desertificante; nel mondo ecclesiastico hanno protestato con forza don Luigi Ciotti e padre Alex Zanotelli, oltre al settimanale Famiglia cristiana, entrato platealmente in collisione con Salvini. Come la Conferenza Episcopale, è rimasto inopinatamente in silenzio Monsignor Bregantini che invece, anche di recente, aveva manifestato la sua vicinanza e il suo incoraggiamento a Domenico Lucano e al progetto amministrativo che era stato capace di mettere in opera.

Lo scorso 26 novembre, alla Curia vescovile in via Mazzini a Campobasso, nella sala Celestino V gremita come in poche altre occasioni, nell’ambito di un percorso di formazione promosso dalla scuola di formazione socio-politica “G.Toniolo” che ha sede presso l’Arcidiocesi, è stato chiamato ad intervenire, insieme all’Arcivescovo Giancarlo Bregantini, il missionario comboniano Alex Zanotelli che, in un discorso carico di domande e di implicazioni centrato sul “sistema planetario dominante” (tenne a sottolineare che i camorristi chiamano “sistema” la loro organizzazione criminale), delineò una interpretazione del mondo, nella sostanza fondata sull’enciclica “Laudato sì” di papa Francesco.

Prima della conferenza, Bregantini e Zanotelli si erano messi in contatto telefonico con Mimmo Lucano, sindaco di Riace, sospeso dalle sue funzioni e che addirittura non può fare ritorno nel suo comune dallo scorso ottobre, perché gliene è stata interdetta la residenza.

I due prelati sono trentini della val di Non e tutti e due, negli anni passati, hanno coltivato con Riace, col suo sindaco e col progetto di accoglienza che vi si svolgeva, un rapporto di sostegno e di condivisione.

Padre Giancarlo (così ama essere chiamato Bregantini) nei quindici anni che ha passato in Calabria come Arcivescovo di Locri e Gerace, per Lucano che all’epoca operava in un’associazione di volontariato, è stato un punto di riferimento e d’ispirazione dell’azione amministrativa che progettò per la sua Riace fin da quando, nel 1999, con alcuni suoi compagni e concittadini, fondò l’associazione “città futura” per rivitalizzare e rigenerare il centro storico abbandonato con progetti d’accoglienza e d’integrazione.

L’idea, rivoluzionaria sotto più di un profilo, era stata messa in cantiere l’anno precedente, il 1998, con l’arrivo sul litorale di Riace – proprio dove, nel 1972 erano stati trovati i bronzi custoditi attualmente al Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria – di un veliero denominato Ararat, carico di 184 Curdi (72 erano bambini), in fuga dalle persecuzioni messe in opera nei loro confronti dai governi di Turchia, Siria e Iraq.

“Città futura”, con la collaborazione attiva di Bregantini, li accolse nella struttura riacese dedicata ai santi Cosma e Damiano, protettori del paese.

Lucano entra nel Consiglio del suo comune nel 2000, espressione di una lista civica e viene eletto sindaco per la prima volta nel 2004, per dare corpo e struttura al progetto di rigenerare la sua comunità accogliendo e integrando persone provenienti da altre parti del mondo.

In vent’anni difficili ed entusiasmanti nello stesso tempo, il “modello Riace” si è diffuso in Calabria a Caulonia, a Badolato e in altri comuni, ed è diventato un esempio di armoniosa conciliazione delle politiche d’accoglienza con quelle di recupero e di rivitalizzazione delle aree interne, facendo guadagnare al suo rappresentante, Domenico Lucano, una notorietà che nel 2010 gli è valso il posizionamento al terzo posto nella graduatoria che la City Mayors Foundation stila ogni due anni per designare i migliori sindaci del mondo.

L’anno prima, in coincidenza con la riconferma a sindaco di Riace, Wim Wenders che aveva terminato le riprese del cortometraggio intitolato “Il volo” fra Sciacca e Badolato, decise di corredarlo con le interviste a Mimmo Lucano e a uno straordinario bambino afgano di nome Ramadullah, scampato dalla guerra e arrivato nella Calabria ionica, benvoluto da tutti.

Nel 2016 Lucano è stato inserito dalla prestigiosa rivista Fortune, al quarantesimo posto fra le personalità più influenti del pianeta, in compagnia dell’inventore e proprietario di Amazon Jeff Besoz, di papa Francesco e di Bono Vox, cantante degli U2.

Nel 2017 Picomedia, Ibla Film e Rai Fiction hanno prodotto una mini fiction intitolata “Tutto il mondo è paese” per la regia di Giulio Manfredonia, che racconta la straordinaria esperienza del minuscolo comune calabrese, con Beppe Fiorello nei panni di Mimmo Lucano.

La miniserie sarebbe dovuta andare in onda già l’anno passato, ma la Rai, su pressione del centrodestra, ha deciso di rimandarla a quando la magistratura avrà messo la parola fine sulla vicenda giudiziaria che dallo scorso ottobre ha investito Riace, Mimmo Lucano e la piccola comunità protagonista di un sistema d’accoglienza che ha fatto parlare di sé in tutto il mondo.

La Procura di Locri ha chiuso di recente le indagini relative all’inchiesta “Xenia” sulla vicenda di Riace, riabilitando l’accusa di “associazione per delinquere” per Lucano e per altre 30 persone, accusa che il Gip Domenico Di Croce aveva espunto (insieme ad altre) dai capi d’imputazione contestati al sindaco, limitandoli al favoreggiamento dell’emigrazione clandestina (per aver agevolato il matrimonio di una ragazza africana con un riacese) e al “fraudolento affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti”, appaltato a due cooperative sociali del suo comune che passavano casa per casa con due asinelli, per raccogliere i rifiuti differrenziati.

Zanotelli ha preso fin da subito una posizione chiara, militante, che la scorsa estate lo ha portato ad organizzare a Riace un campo di lavoro con i suoi ragazzi e a prendere parte allo sciopero della fame che Lucano aveva in corso per protestare contro i tagli che la Prefettura aveva operato sul progetto SPRAR del suo comune.

Adesso, con il calvario giudiziario di Lucano ancora in corso, il missionario comboniano che svolge attualmente la sua opera pastorale nei quartieri popolari di Napoli, ha consegnato alla nostra opinione pubblica due gravissime domande, che suonano come accuse irrisarcibili: la prima chiede come mai, in una regione (e non è la sola) in cui la cosiddetta accoglienza è diventato un lucroso grumo d’interessi per personaggi senza scrupoli sovente collusi con la delinquenza organizzata, sotto processo sia finita una persona che non ha intascato un euro per il proprio tornaconto personale.

La seconda, se è possibile più inquietante, vorrebbe sapere come mai con tanta veemenza e sollecitudine è stato sbargliato il “modello Riace” nel giro di qualche mese, in una regione in cui la ‘ndrangheta, l’organizzazione malavitosa più ricca e potente del mondo, imperversa e dorme sonni tranquilli.

Nessuno, dal fronte istituzionale, si è peritato di rispondere alle cruciali domande dell’uomo di chiesa.

Intanto il “modello Riace” è stato distrutto e il centro storico del paese, distante qualche chilometro dal litorale, è rimasto spopolato com’era prima che Lucano con i suoi compagni cominciassero a lavorare al loro progetto di rigenerazione.

Sono stati revocati i finanziamenti al Comune e i quasi quattrocento migranti che avevano ripopolato Riace alta insieme a millecinquecento locali, sono stati trasferiti altrove.

Ha chiuso la scuola, hanno chiuso le botteghe di artigianato, ha chiuso il ristorante e il frantoio; è stato smantellato il progetto di turismo solidale che ha portato nel piccolo comune calabrese persone da ogni parte del mondo ad alloggiare in un albergo diffuso realizzato recuperando e mettendo a norma le case di chi si era trasferito altrove; sono stati costretti a partire anche i tanti giovani del luogo che lavoravano nel progetto d’accoglienza e nelle attività a cui era stato capace di dar vita.

Dopo il clamore che la comunicazione meanstream ha riservato alla vicenda giudiziaria di Mimmo Lucano ancora rocambolescamente in corso, sulla sorte di una comunità che stava realizzando il suo sogno di rigenerazione fra ‘ndrangheta e collusioni sordide, è calato un mefistico silenzio, con l’eccezione del settimanale Famiglia crisitiana (ostracizzato da Salvini) di un servizio filmato de la 7 e di un altro di Repubblica.it.

E’ rimasto in silenzio anche Monsignor Bregantini e l’intera Conferenza Episcopale, che non ha fatto seguire prese di posizioni ed azioni concrete alle belle e feconde parole pronunciate da papa Bergoglio sull’accoglienza e sull’integrazione, ma anche specificamente sul “modello Riace”.

Bregantini, negli anni, è rimasto vicino e affezionato alla Locride, alla terra nella quale ha svolto quindici anni di difficile e importante lavoro pastorale; ha avuto parole di conforto e d’incoraggiamento per Lucano e per quello ch’era stato capace di realizzare nella sua Riace; anche per questo adesso ci saremmo aspettati una presa di posizione chiara, decisa, contro un’azione combinata che ha buttato alle ortiche vent’anni di lavoro di cittadini che semplicemente “restando umani”, sono stati capaci di rigenerare la loro comunità e il territorio nella quale essa vive e progetta il suo futuro.

Lucano e la comunità riacese non si sono lasciati piegare dall’attacco concentrico che è stato sferrato nei loro confronti; si è moltiplicato il numero dei comuni che hanno concesso la cittadinanza onoraria al sindaco di Riace, sta per essere presentata una Fondazione che raccoglie fondi in modo che il progetto d’accoglienza possa ripartire con risorse private, frutto di un crowdfounding civilissimo e planetario, e, per iniziativa di una rete di associazioni, è stata inaugurata una campagna d’opinione affinché a Riace, paese dell’accoglienza, sia assegnato il premio Nobel per la pace.

Almeno su questo, sarebbe opportuno che “Padre Giancarlo” facesse sentire la sua voce autorevole,

senza cedimenti alle intimidazioni smandrappate di cui è stato fatto oggetto in questi ultimi mesi.

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