Intorno al turismo fluviale
di Francesco Manfredi-Selvaggi
I nostri corsi d’acqua non sono diventati mete turistiche, le loro rive sono frequentate solamente dai pescatori dilettanti neanche più dai bagnanti per la facile raggiungibilità oggi delle spiagge marine. Non si è ancora sviluppata qui da noi la passione per l’osservazione degli uccelli i quali sono avvistabili presso le sponde fluviali, il bird watching (Ph. F. Morgillo-Un tratto del Biferno)
Non sono mai state pubblicate monografie sul Biferno né su altri fiumi molisani, neanche documentari dedicati o non so che per pubblicizzare le bellezze di alcuno dei corsi d’acqua nostrani. Le pubblicazioni servirebbero a far innamorare le persone di queste preziose presenze nel paesaggio del Molise. Se ci si appassiona di un luogo ci si adopera a mantenerlo integro. Attraverso la fotografia, la pittura, la letteratura e anche il mezzo cinematografico si riesce ad incrementare l’interesse della popolazione verso tali significative componenti naturalistiche le quali vanno tutelate e valorizzate.
La loro valorizzazione potrebbe stimolare la nascita di un turismo per così dire fluviale, cosa che è presente al Nord della Penisola e che da noi appare molto al di là da venire. Per via della Bifernina che gli passa accanto il Biferno viene occasionalmente frequentato, in passato anche da bagnanti vedi la spiaggetta di Bivaro in comune di Oratino. Sono sempre visite giornaliere, non dei soggiorni con pernottamento, magari in qualche struttura ricettiva presente sulle sue rive, prendi l’antico albergo Buongusto sorti, alla stregua dei motel, principalmente per offrire ospitalità notturna ai viaggiatori che percorrono la principale arteria di comunicazione della regione.
Non mancano, invece, ristoranti a lato del Biferno molto apprezzati, dotati peraltro di aree ricreazionali attrezzate vicino alla corrente fluviale, si cita a questo proposito la struttura ristorativa de La Piana dei Mulini. Le attività ristorative, pure quelle presenti nel fondovalle fluviale non servono, comunque, a tavola pesci pescati nel Biferno, bensì provenienti da impianti di acquacoltura, il quantitativo ittico prelevabile dal fiume sarebbe insufficiente e, peraltro, mancano pescatori professionisti, ci si dedica alla pesca esclusivamente per hobby. È ovvio che una gita sul Biferno non permette di conoscere tale componente paesaggistica nella sua interezza, si riesca a coglierne qualche frammento.
È vero anche che le specie vegetali presenti sulle rive sono uguali in tutta la sua lunghezza; si tratta di un’associazione floristica denominata nel programma europeo Natura 2000 Galleria di Salici e Pioppi e costituisce un classico esempio di vegetazione azonale. Nel Basso Molise dove in agricoltura predomina l’orientamento monocolturale gli unici lembi di naturalità sono relegati sulle sponde delle aste fluviali le quali assolvono al ruolo di corridoio ecologico. Nel Medio Molise il Biferno è stato oggetto di una proposta di area protetta che poi non ha trovato attuazione coincidente con la fascia spondale dello stesso, rientrante nella classificazione dei parchi lineari, una fattispecie di parco particolare che si addice bene anche ai tratturi strisce di terreno di un certo spessore, estese e continue proprio come un fiume.
Con maggiore frequenza di una pista tratturale i fiumi, però, nel loro svolgimento sono caratterizzati da momenti singolari. Li citiamo a caso, senza seguire un ordine preciso sia in riguardo al segmento interessato del sistema fluviale sia alla ragione della singolarità. Incominciamo dal corso d’acqua posto alla latitudine superiore, il Sangro il quale all’altezza di S. Pietro Avellana venne rettificato e tale operazione, il taglio dell’ansa fluviale ha comportato che un pezzettino di suolo molisano ricompreso nella golena si trovi ora al fianco del fiume che per il resto è territorio abruzzese; il bosco planiziale che ricade nell’ex area golenale avente il toponimo estremamente significativo oltre che evocativo di Isola di Fonte della Luna è una superficie boscata igrofila, cioè gli alberi hanno i piedi nell’acqua, e ciò lo ha fatto designare quale Riserva Naturale.
Una rettificazione dell’asse ha subito pure il Biferno nelle immediate vicinanze dello stabilimento ex Fiat per permettere il rapido deflusso, il fiume va più veloce se segue una linea retta, ed evitare così l’inondazione della zona industriale. Sempre per fronteggiare le piene e sempre sul Biferno, adesso in corrispondenza di Busso alcuni decenni fa fu costruito un ponte in cui il piano carrabile ha le arcate di sostegno invece che sotto sopra, quindi è un antesignano dei ponti sospesi e ciò, cioè l’assenza di pile è per facilitare il defluire delle acque. Il Volturno nella piana di Venafro presenta un’eccezionalità che è rappresentata dalla zona umida delle Mortine un tempo riserva reale di caccia e ora, al contrario, naturalistica per la ricchezza di selvaggina.
Costituiscono di certo dei punti eccezionali le foci dove è pronosticabile, a seguito dei cambiamenti climatici che porteranno per via dello scioglimento dei ghiacciai all’aumento del livello del mare, l’ingresso di acqua marina nel tratto finale dei fiumi. Costituiscono discontinuità nell’andamento dei corsi fluviali gli innesti degli affluenti. All’incontro con i tributari avviene evidentemente il mutamento del regime della corrente del fiume in cui sversano. Le aste secondarie trasformano l’asta principale. Ci soffermiamo sul deposito solido nel letto fluviale che si modifica oltre ad accrescersi, in relazione ai suoli che il corso d’acqua incontra nel suo incedere verso la foce, trascinando particelle sottratte ai versanti posti lungo il suo percorso, ma cambia pure a causa dei detriti trasportati dagli affluenti.
La varietà dei materiali, pietrosi e terrosi, portati con sé è riscontrabile nelle piastrelle a base cementizia realizzate un tempo da diverse industrie del settore ceramico, vedi quella della fabbrica Marmi Rossi sul Trigno, i granigliati per pavimentazione fatti con inerti fluviali. L’intersezione con gli affluenti determina la formazione di parcelle di terreno pianeggiante a seguito dell’accumulo degli inerti scivolati a valle depositati dai torrenti, le quali sono di dimensione sufficiente, spesso, a permettere la creazione di Piani di Insediamenti Produttivi come quelli di Fossalto, Castellino sul Biferno, ecc… È una localizzazione ottimale tanto per la morfologia piatta quanto per la contiguità con la strada di fondovalle.
Francesco Manfredi Selvaggi621 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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