Il Calderari, un corso d’acqua a cielo aperto
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Negli anni 80 vi è stata la proposta di tombarlo realizzando al di sopra del suo alveo una strada che avrebbe consentito lo sfruttamento dei terreni ad esso prospicienti ai fini edificatori. Sarebbe scomparso alla vista uno dei segni identitari di Boiano (Ph. F. Morgillo-La passeggiata lungo il Calderari
Di certo l’andamento planimetrico del Calderari non è stato determinato dall’azione antropica, ma, sempre di certo, esso funziona bene quale cinta difensiva della città. Magari un presidio di difesa aggiuntivo, non sostitutivo di opere murarie di difesa, una cerchia di mura della quale comunque non vi sono tracce, con un fossato che la precede costituito, appunto, da questo fiume. È, quanto si è appena detto, solo un’ipotesi suggerita, peraltro, dalla sua forma semicircolare proprio come una murazione urbica che esso assume nell’ambito cittadino. A ricordarci costantemente della sua presenza è la pianta a semicerchio della piazza principale del capoluogo del comprensorio matesino con i fronti che la delimitano disposti parallelamente al corso del Calderari e lo nascondono così alla vista.
Della scarsa percezione e di quanto è ad essa connesso che si ha di questo corpo idrico dai luoghi pubblici boianesi dei quali il maggiore è proprio tale piazza ne parleremo dopo, adesso ci limitiamo ad osservare che non vi sono strade che corrono ai suoi lati come pure ci si sarebbe potuto aspettare alla stregua dei lungofiumi, il Lungarno docet. Non vi sono percorsi viari, lo si ribadisce, sulle sponde, né su entrambe né su una sola; le eccezioni sono le stradine di servizio a nuovi complessi residenziali realizzati in Zona di Espansione del PRG che costeggiano il Calderari a partire dal suo incrocio con via Cavadini. Non è sicuramente casuale la mancanza di vie ai bordi di questo ramo iniziale del Biferno, la passeggiata pedonale, peraltro bellissima, che c’è ora è stata fatta di recente, vi è una precisa ragione che è la seguente: occorreva consentire agli abitanti delle case prospicienti l’alveo di poter attingere l’acqua per irrigare gli orti i quali si susseguivano ininterrottamente ai margini del fiume.
Prima della captazione delle sorgenti del Biferno tra le quali c’è quella di Maiella da cui sgorga il Calderari il pelo dell’acqua di quest’ultimo raggiungeva il livello del cosiddetto piano di campagna per cui era facile la sua derivazione per la coltivazione degli ortaggi. Il disegno del tessuto edilizio sembra condizionato dalla necessità di sfruttare l’acqua di detto fiume per cui esso lo si può definire un fattore condizionante della forma urbis. Quando sul finire del XIX secolo fu costruita la ferrovia venne creato corso Amatuzio per collegare il cuore della cittadina con la stazione ferroviaria e anche questo “stradone” rappresenta una determinante dell’assetto urbanistico nel suo sviluppo successivo; nel momento di contatto tra tali due fatti urbani, il fiume e questo asse viario, ambedue di valenza primaria, cioè sul ponte che sta lungo il “rettifilo”, così si chiama a Napoli la strada carrabile che collega con la strada ferrata, con il suo scalo, poiché segue una linea retta, prevale la regola architettonica che sovraintende l’edificazione del corso che è quella del continuum della facciate che prospettano sullo stesso.
Così gli edifici che costeggiano in quel punto dell’attraversamento il Calderari sono accostati ad esso per assicurare la continuità del fondale viario. Non vi sono cioè spazi liberi, contrariamente a quanto succede altrove lungo l’asse fluviale, che li separino dal corso d’acqua, potrebbero essere giardini pertinenti a residenze, molto grande è quello adiacente a palazzo Colagrossi, se non orti. Per certi versi le costruzioni che si trovano a delimitare l’alveo del fiume quando incrocia corso Amatuzio appaiono quali enormi argini pensati per contenere il flusso idrico. La corrente è contenuta dalle pareti delle palazzine, non si può dire si infrange perché la velocità del fiume è minima e ciò conferisce al Calderari l’aspetto di un canale.
Canalizzazione equivale ad artificializzazione. Canalizzare un corpo idrico è un’operazione che potrebbe preludere alla tombatura della quale si era avanzata l’ipotesi negli anni 80 del secolo scorso. Qualora tale idea avesse trovato attuazione il Calderari sarebbe scomparso alla vista dei boianesi, del tutto. Si sarebbe annullato uno dei caratteri identitari principali del nostro agglomerato abitativo come attestato dalle tante cartoline storiche che lo hanno come soggetto. Lo si sarà notato, siamo passati, finalmente, al tema preannunziato all’inizio che è la questione della percettività la quale non si riduce alla visibilità dell’oggetto, ma include anche la sua carica emotiva. L’incedere lento del fiume, siamo in una zona piatta pressoché, rimanda alla sua maestosità, al passo regale; la maestosità è evocata, poi, dalla copiosità delle acque innanzi alla captazione delle sorgenti del Biferno.
Maestoso significa essere generoso, aggettivo che si addice ad esso offrendo Boiano senza grandi pretese di risarcimento economico il prezioso, pure economicamente, liquido alla Campania fin dal 1960 e a Termoli da quando è stato ultimato, non molto tempo fa, l’Acquedotto Molisano Centrale. Per Boiano il Calderari è una presenza affatto scomoda se non per la nebbia di cui è concausa. Esso è bene accetto perché non costituisce una minaccia di inondazioni essendo la sua portata costante. A tale proposito va notato che questa è una città in cui il fiume nasce, non lo attraversa come succede in altri centri, prendi Firenze in cui l’Arno nel 1966 provocò una grave alluvione. Il fiume sotto casa è ricchezza in senso proprio permettendo la produzione di ortaggi a Km. 0 senza considerare le trote, una prelibatezza dell’enogastronomia locale.
Francesco Manfredi Selvaggi625 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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